domenica 20 novembre 2011

Un oceano di acqua su Europa, il satellite di Giove. Possibili forme di vita extraterrestre?


La Nasa confermato quanto tutti sospettavano: sotto la crosta giacciata di Europa, una delle luna galileane di Giove, si cela un intero oceano di acqua allo stato liquido. Una scoperta che rende sempre piu' plausibile la presenza di qualche forma di vita.

Secondo un un nuovo studio, pubblicato su Nature, gli scienziati hanno rilevato la presenza di laghi a soli tre chilometri dalla crosta di ghiaccio che ricopre il satellite.

Gli scienziati ipotizzano che l'acqua piu' superficiale si mescoli con quella degli oceani presenti su Europa a circa 30 chilometri di profondita', trasferendo sostanze nutritive in acque la cui temperatura, prossima a zero gradi centigradi, potrebbe permettere lo sviluppo di forme di vita.

La notizia sarebbe piaciuta allo scrittore di fantascienza, e scenziato (a lui si deve l'idea dei satelliti geostazionari per telecomunicazioni) Arthur C. Clarke che nella saga di '2001 Odissea nello Spazio' - uno dei capolavori di Stanley Kubrick - aveva scelto Europa come il copro celeste prescelto per creare una nuova razza vivente.

Fonte: http://mysterium.blogosfere.it, www.agi.it.

sabato 25 ottobre 2008


Devo dire che non mi ha mai convinto questa storia delle Pietre di Ica. E continua a non convincermi neanche dopo gli ultimi approfondimenti sul tema, che riportano anche le confessioni di due campesinos, i quali avrebbero ammesso di aver falsificato alcune pietre, "ma soltanto alcune". E non mi convince neanche il famoso Dott. Cabrera che mi è parso sempre troppo reticente sui dettagli cruciali della sua 'scoperta'.

Ma andiamo con ordine (traggo questa efficace breve sintesi dal sito http://www.angelofmars.com ): .

Come è noto, le pietre di Ica sono tra i reperti archeologici più controversi degli ultimi 40 anni. La comunità scientifica le ritiene per la maggior parte un falso deliberato.

Prima di esaminare la questione è bene riassumere il loro percorso storico secondo quanto comunicato dal loro principale studioso il dottor Javier Cabrera Darquea.
Le Pietre di Ica sono Andesiti carbonizzate risalenti al Mesozoico. Le pietre sarebbero state rinvenute nel deserto di Ocucaje, nei pressi di Ica (Perù) nel 1960, quando il Rio Ica, a causa di alcuni smottamenti, inondò il deserto dissotterrando gli strati più profondi e portando alla luce il loro giacimento.

Va detto che nessuno è però mai riuscito ad individuare tale giacimento, di cui era a conoscenza, se realmente esistente, il solo Cabrera.

Le pietre presentano enigmatiche incisioni, non inseribili in nessun contesto culturale noto, mostrando una flora ed una fauna parzialmente sconosciuta in Sud-America, indici di un'epoca primitiva che supera di gran lunga i confini riconosciuti della storia dell'umanità.

Le incisioni forniscono elementi assolutamente "fuori posto" rispetto alla presunta datazione delle pietre: mappe di territori ignoti; configurazioni stellari anomale; strumenti ottici, quali telescopi e lenti; un'ampia serie di animali preistorici estinti e relativi cicli biologici; velivoli meccanici; ma soprattutto la rappresentazione di avanzate operazioni chirurgiche, tra cui interventi a cuore aperto e trapianti di cervello.

Prima degli Incas

Un complesso mosaico di incisioni che, se si rivelasse autentico, potrebbe sconvolgere l'intera storia dell'umanità.
Non fu il solo Cabrera ad interessarsi alle pietre di Ica. I fratelli Carlos e Pablo Soldi raccolsero un numero considerevole di reperti.
Nel dicembre 1966 apparve un articolo nel supplemento scientifico del quotidiano di Lima, "El Commercio", i cui autori erano l'allora Rettore del Politecnico di Lima, Santiago Agurto Calvo e l'archeologo Alejandro Pezzia dell'Istituto Nazionale Peruviano di Archeologia, che avevano trovato pietre simili in tombe preincaiche nell'agosto dello stesso anno.
Era certamente una conferma che pietre di quel tipo erano già conosciute ai popoli preispanici.
Il ritrovamento di Carlo e Pezzia, ancora scevro da preconcetti scientifici, fu ripetuto dallo stesso Calvo a "Max Uhle Hugel" , una zona archeologica protetta.
Calvo raccolse oltre cento pietre e le fece analizzare in laboratorio presso l'Istituto di Mineralogia del Politecnico del Perù, ottenendo il primo risultato di un certo rilievo: le pietre, in base allo stato di ossidazione che ricopriva le superfici incise, sarebbero state "vecchie" di almeno 12.000 anni.
Una datazione rivoluzionaria, in quanto 12.000 anni fa non esisteva alcuna civiltà in grado di riprodurre gli strumenti tecnologici presenti sulle pietre di Ica.

Una ulteriore conferma giunse dall'archeologo A. Pezzia: egli rinvenne in un'ennesima tomba pre-incaica una pietra incisa simile alle Pietre di Ica.
Anche Cabrera richiese alla Compagnia di Ingegneria Mineraria Mauricio Hochshild analisi sui suoi reperti che, tramite il dottor Eric Wolf, fornirono un risultato identico a quelli di Calvo e Pezzia: le pietre risalivano a 12.000 anni fa.
Ma molti specialisti rifiutarono questa datazione, generando una spaccatura che dura ancora oggi.
A complicare le cose sono poi intervenuti i campesinos che, realizzando falsi da vendere ai turisti, contribuirono ad inquinare l'intera questione.

Ora - è questa la mia conclusione - è talmente chiaro come sia semplice - tecnicamente - falsificare pietre di questo tipo, e - ahimè - falsificarne anche la radiodatazione al carbonio (le incisioni nelle pietre sono 'riempibili' con qualsiasi tipo di materiale 'più antico' da chi volesse deliberatamente falsificare) che secondo me una verità ultima non ci sarà mai, in proposito.

L'unico che avrebbe potuto dire e offrire una parola definitiva sull'argomento - svelando ad esempio con esattezza il luogo del ritrovamento - è l'enigmatico Dottor Cabrera, che nel 2001, morendo di cancro, si è portato il suo segreto nella tomba.

Questo qui sotto è il miglior sito (favorevole all'autenticità) in circolazione sull'argomento, con inseriti ottimi video:

http://piedradeica.blogspot.com/

fonte:http://mysterium.blogosfere.it/


giovedì 16 ottobre 2008

Titanic: Disgrazia o Maledizione?


Il 15 aprile del 1912, una nave alla sua prima traversata tra Southampton e New York affondò trascinando con sé 1498 passeggeri. Si trattava del Titanic, definito “l’inaffondabile”, un prestigioso transatlantico proprietà della White Star Line.
Le cause del disastro furono attribuite ufficialmente alla collisione tra la nave e un grosso iceberg che avrebbe squarciato, in maniera molto grave, parte della sua fiancata destra.
In oltre novant’anni sono state avanzate le ipotesi più disparate sulla causa, o le cause, che provocarono quella terribile disgrazia, dall’errore umano alla sfortuna di schiantarsi sull’iceberg nell’attimo sbagliato. Infatti è stato affermato da parecchi studiosi che se il Titanic avesse virato dieci secondi prima avrebbe sicuramente evitato la collisione, mentre se lo avesse fatto dieci secondi più tardi avrebbe spaccato l’iceberg con la sua robustissima chiglia riportando così dei danni meno gravi di quelli subiti. Questo in base a calcoli e simulazioni effettuate tramite computer.
Ma abbandoniamo per un attimo le congetture logiche e razionali per fare un breve viaggio nel mondo dell’irrazionale. La vera causa potrebbe risiedere in un’antica maledizione.
Facciamo un salto al Cairo nell’anno 1910, due anni prima della disgrazia del Titanic, quando un americano di cui non è noto il nome avvicinò l’egittologo inglese Douglas Murray, proponendogli l’acquisto di un prezioso reperto. Si trattava di un sarcofago rinvenuto nel tempio di Ammon-ra, appartenente ad una principessa di rango vissuta a Tebe attorno al 1600 a.C.
All’esterno del sarcofago erano raffigurate in smalto e oro, con tecnica raffinata, le fattezze della principessa. Il sarcofago si presentava in perfette condizioni di conservazione.
Murray non si lasciò sfuggire l’occasione e staccò subito un assegno all’americano, il quale non arrivò mai ad incassarlo perché morì la sera stessa.
Nel frattempo Murray aveva già preso provvedimenti affinché il sarcofago venisse spedito nella sua casa di Londra. Un altro egittologo che si trovava al Cairo raccontò a Murray la sinistra storia legata al sarcofago.
La principessa di Ammon-ra, sacerdotessa del culto dei morti, aveva fatto incidere sulle pareti della sua camera mortuaria un inquietante monito: su chiunque avesse spogliato il suo sacello si sarebbero abbattute disgrazie e terrore.
Douglas Murray, però, si fece beffe di quella superstizione fino a tre giorni dopo, quando un fucile gli esplose misteriosamente in mano, durante una battuta di caccia lungo il Nilo. Dopo una settimana di atroci sofferenze in ospedale, il braccio rimastogli ferito dovette essere amputato all’altezza del gomito.
Quello non fu che l’inizio. Durante il suo viaggio di ritorno in Gran Bretagna, due amici di Murray morirono per “cause ignote”. Inoltre i due domestici egiziani che avevano trasportato la mummia morirono nel giro di un anno o poco più.
Per Murray quel sarcofago diventò un’ossessione.
Quando vi posava gli occhi, il viso modellato della principessa sembrava tornare in vita con uno sguardo che gelava il sangue. Alla fine decise di disfarsene ma una sua amica lo convinse a consegnarglielo. In poche settimane la madre della donna morì, lei fu abbandonata dal suo innamorato e in seguito venne colpita da una sconosciuta malattia da deperimento. Alla fine lasciò come disposizione testamentaria che il sarcofago dovesse ritornare a Douglas Murray.
Però Murray, ormai malridotto, non ne volle più sapere e donò il sarcofago al British Museum.
Anche all’interno di questa istituzione, ben nota per il suo rigore scientifico, il sarcofago acquistò un’oscura fama. Un fotografo che aveva scattato alcune foto morì sul colpo, mentre un egittologo responsabile di quel sinistro reperto fu trovato morto nel suo letto.
A questo punto gli amministratori del museo si riunirono in gran segreto, votando all’unanimità di spedire il sarcofago ad un museo di New York, che aveva accettato il dono a patto che però venisse consegnato senza troppa pubblicità e con un mezzo fra i più sicuri.
Il sarcofago non raggiunse mai New York, perché si trovava proprio nella stiva del Titanic quando affondò.
Coincidenza? Disgrazia? O la maledizione della principessa aveva colpito ancora una volta?
Un’enorme incognita rimane per adesso sospesa su queste domande, ma forse un giorno qualcuno riuscirà a trovare delle risposte concrete per svelare questo inquietante mistero.

Luigi M.C. Urso.

fonti:www.classicdays.com/titanic.htm
www.phoenixproject.net/chapters/ch2.htm
www.xpressmart.com/thestore/prods/151.html


martedì 7 ottobre 2008

Il Profilo di Nefertiti sulla Superficie di Marte?


Sulle prime ho pensato subito a un volgarissimo photoshop. Come è noto, sul web, a proposito delle ombre e dei giochi di luce sulla superficie marziana circola di tutto, da quando qualcuno scoprì la famosa 'faccia umana', rivelatasi poi per l'appunto, un gioco d'ombre.

Da allora, c'è gente che senza nessun problema si mette a taroccare foto sul web, e a vendere 'patacche'.

Qua però la 'patacca' non c'è. Il sito che ha fatto questa bella scoperta - molto suggestiva, anche se un domani si dovesse rivelare solo un effetto ottico - ha semplicemente scandagliato una foto ufficiale della NASA.

Il cui originale trovate QUA:

http://www.msss.com/moc_gallery/ab1_m04/jpegmaps/M0305549.jpg

La foto, catalogata con il numero di codice M03-05549 (e con tutte le coordinate perfettamente riportate) ritrae una porzione allungata verticalmente del suolo marziano, che potete comparare nella cornice di riferimento, cliccando qui.

Ora, se salvate la foto della porzione sul vostro desktop e vi divertite ad ingrandirla, cliccando sul pulsante a destra in basso, a un certo punto, scorrendo l'immagine verso il basso vi imbatterete in questo veramente sorprendente, almeno per me quasi incredibile profilo umano, che ricorda in maniera impressionante il famosissimo busto di Nefertiti, conservato al museo di Berlino.

La somiglianza è davvero straordinaria.

fonti:http://mysterium.blogosfere.it/

domenica 5 ottobre 2008

I Tuatha de Danann


Una strana leggenda ci parla di quella che è la preistoria dell’Irlanda: la leggenda dei Tuatha de Danann, una tribù di impavidi guerrieri di oscura origine. Secondo il folklore irlandese di stampo prettamente medioevale, i Tuatha de Danann erano uno dei tanti popoli pre-celtici che invasero l’isola tentando di insediarvisi non senza scontri diretti con altri popoli autoctoni o comunque con popoli che come loro tentavano di andare alla conquista dell’"Isola di Smeraldo" (come veniva chiamata un tempo l'Irlanda, n.d.r.). Parlare di questo popolo è tuttavia un'impresa ardua. Si tratta di un popolo fantasma perché le testimonianze tendono essenzialmente ad essere scarse da un lato e confuse e bizzarre dall’altro. Gli elementi storici sulla loro reale natura tendono a differire da epoca a epoca e da autore ad autore, il che porta ad un'enorme confusione e disorientamento nello stabilire una precisa cronologia con le sue rispettive tappe sociali e storiche. Vi sono diversi manoscritti e diverse fonti che attestano l’esistenza di questo popolo, che oggi giorno può apparire come il sesto popolo preistorico che invase l’isola prima dei Gaeli. Ma secondo altre fonti e leggende, i Tuatha sarebbero stati pari agli dèi e, in quanto tali, adorati dagli stessi Gaeli.

Il segreto o, meglio, la chiave per poter capire chi fossero effettivamente i Tuatha, potrebbe esserci fornita dai monaci irlandesi che durante l’oscura epoca del medioevo, con un'abilità e con una certa dose di pazienza, trascrissero le leggende della preistoria irlandese. Poiché la Chiesa nei primissimi secoli della sua formazione costruiva le sue basi o meglio dire estendeva ovunque il suo potere, l’idea di uomini particolari o comunque l’idea di una paganesimo ancora vivente la spaventava a morte, e gli ignoti dèi divennero semplici barbari a caccia di vergini terre.

Prima di proseguire, ricordiamo che sono numerosissime le culture che sono state cristianizzate o meglio ribattezzate secondo l’ottica cristiana, infatti, quella dell’area anglo-irlandese non costituisce un'eccezione, caso mai è una situazione interessante ai nostri occhi. Ricordiamo a questo punto, secondo un'ottica simbolica, come il cerchio (o "ruota solare"), chiaro simbolo del paganesimo celtico, fu associato a una croce, quando i primi rappresentanti della Chiesa arrivarono in queste terre, o anche di come certi luoghi scozzesi, che secondo le leggende ospitarono razze di giganti, furono rinominati con nomi cattolici o di santi. Ad esempio, i megaliti inglesi furono spruzzati di acqua santa nel 500 d.C. da rappresentanti papali giunti in quel luogo, affiancati da chiese cristiane.

Le vicende reali quindi sono state inevitabilmente camuffate e il vero segreto rimane sepolto sotto le sabbie del tempo. Tuttavia, rifacendoci alla teoria che vuole che i Tuatha de Danann potrebbero essere stati degli dèi piuttosto che dei barbari, possiamo con più facilità scoprire l’enigma di queste genti, ricordando però a chi legge che quanto stiamo per dire è solo un'insieme di ipotesi, poiché non suffragato da prove certe.

Si contano a centinaia i racconti medioevali su questi popoli, che descrivono immense battaglie, con strane armi, condotte contro numerosi popoli altrettanto misteriosi quali i Fomor e i Fir Bolg, o anche numerose ballate medioevali che trattano di storie d’amore, cacce ai misteriosi tesori e avventure di vario genere. Leggendo i passi di questi racconti verrebbe tanto da pensare che si tratti di esseri di altri mondi, infatti, il nome "Danann" deriverebbe da "Danu", che pare sia stata un'antica regina che guidava questi popoli; il termine deriverebbe però a sua volta dalla stella o pianeta Dan, situato nella costellazione di Cassiopea, dal quale, c'informano gli scritti, giunsero i Tuatha de Danan nel 5000 a.C.
Secondo altre fonti, i Tuatha de Dannan portarono da quattro lontane regioni, forse dei pianeti, quattro diversi oggetti magici:

1) Da un certo regno di Finindas, la spada di Nuada che non falliva mai un colpo;

2) Da Gorias, la lancia di Lugh, che rendeva invincibile chi la possedeva;

3) Da Murias, il calderone di Dagda, capace di sfamare un numero illimitato di persona senza mai esaurirsi;

4) Infine, da Falias, la cosiddetta Pietra del Destino, che emetteva un grido assordante, capace di confondere i nemici, se veniva toccata da un giusto re.

Vediamo in queste armi qualcosa di chiaramente soprannaturale: come se fossero armi realizzati da esseri avanzati, genti di altri mondi visti come dèi e tradotti come semplici uomini dai padri della Chiesa (forse ciò è dovuto al fatto che erano realmente simili a uomini); così come vennero visti dagli stessi Celti. Da loro ci giunge un racconto che narra di come questi genti, durante le battaglie, sprigionassero strani fulmini mediante un misterioso “terzo occhio” che avevano sulla fronte (altre fonti dicono che questo occhio fosse posto su di un elmo) o anche di come lanciassero strane luci da sacche poste dietro la schiena (saette denominate shamir). È facile riconoscere in entrambi i casi armi tecnologiche molto avanzate, raggi laser che avrebbero deciso il destino di numerose battaglie. Tuttavia, il terzo occhio di cui si è accennato desta qualche sospetto in più, poiché il famoso "terzo occhio", spesso visto in un triangolo, è anche il simbolo degli Illuminati o, comunque, di alcune società segrete.

Ma allora possiamo pensare che i Tuatha de Danan fossero una razza tanto importante da imporsi sul resto del mondo? Il loro sapere fu tanto prezioso da essere trasmesso agli Atlantidei (ammettendo sempre la loro esistenza) e alle civiltà che seguirono,, come quella degli Egizi e dei Tibetani in particolare (come sappiamo dalla Vita di Lobsang Rampa, precisi iniziati riceverebbero l’apertura del terzo occhio, capace di cose prodigiose), per poi giungere alle società segrete dopo la buia epoca del medioevo.

Possiamo pensare o magari immaginare quindi che il mondo che ruota intorno ai Templari, al Graal, ai Massoni, agli Illuministi e ai Rosacrociani sia una diretta derivazione del sapere di questo misterioso popolo? Un sapere importato direttamente da un altro pianeta, filtrato per le più potenti civiltà del mondo antico e poi conquistato dagli scienziati dell’epoca moderna.
Una prova di quanto diciamo potrebbe essere l’idea che i Massoni, ma anche le numerose schiere di alchimisti, avevano a cuore la magia e la stregoneria egizia, ricca di misteriosi simboli che, si dice, siano stati ereditati da qualche civiltà perduta. Inoltre si dice che i Tuatha de Danan, prima di giungere in Irlanda, poiché i loro antichi padroni, i Figli di Nemer, ne erano stati scacciati, furono istruiti sulle arti dei Druidi, cosa che facilitò loro numerose cose, portando alla vittoria in molte battaglie contro i feroci Fimor (che, si dice, avevano la testa di uccello e provenivano da altri pianeti). Di conseguenza, si dice che i Tuatha de Danann siano connessi alla civiltà che costruì i megaliti nel Regno Unito, d'Irlanda e delle isole limitrofe. I Druidi, secondo la tradizione, furono i costruttori di queste splendide opere litiche; allora capiamo come forse in realtà fu un'unica specie, proveniente da altri mondi, a intervenire in questo grande miracolo d’architettura perduta. Personalmente vedo in questi bei racconti un unico ed enorme puzzle diviso in tanti pezzi, alcuni forse però troppo uguali tra loro. Un'unica specie potrebbe aver lasciato in eredità ad altri popoli simboli e misteriosi miti, una conoscenza vasta e profonda barbaramente dimenticata però nel corso dei secoli.

Infine, un racconto ci dice della fine di questo misterioso popolo nell’ennesimo ma fatale scontro con i Fomor (anche loro descritti come una razza di superuomini dall’aspetto gigantesco e con un terzo occhio sull’elmo capace di lanciare qualcosa di molto simile ai dei fulmini), pare per contendersi non solo l’Irlanda ma anche diverse colonie. Sconfitti, i Tuatha de Danann, stando alla leggenda, si rifugiarono in misteriose caverne sotterrane (pare situate nella contea di Sligo, in Irlanda) e, molto probabilmente, secondo alcuni, si trovano ancora là. Si dice che gni tanto escano, senza farsi notare, aiutando gli uomini. Un'informazione decisamente molto interessante, poiché la contea di Sligo in Irlanda è famosa per gli innumerevoli avvistamenti dei cosiddetti good people, "la buona gente", ovvero, la misteriosa razza di nani/elfi/silfi/fauni conosciuti in alcune contee irlandesi anche come Leprachaum (e presenti soprattutto nelle fiabe e nelle leggende, di cui queste terre sono piene). Volendo trarre un senso, possiamo pensare che i Good People e la specie dei Tuatha de Danann fossero un'unica e identica cosa. Forse nei secoli gli impavidi invasori d’Irlanda subirono tante di quelle mutazioni fisiche (vivendo appunto in caverne prive di luce o comunque prive di qualunque altro elemento necessario, o per via di cambiamenti climatici e stagionali) da diventare esseri dall’aspetto minuto. Perchè poi questo interesse, ora aiutandoci ora confondendoci, per gli uomini? Cosa è veramente successo nella preistoria d’Irlanda? I Tuatha de Danann erano effettivamente esseri di un altro mondo che combatterono guerre con tecnologie avanzate? Conquistarono il mondo donando alle popolazioni un prezioso sapere, rappresentato da un arcano ed enigmatico simbolo come quello dell’occhio onnisciente che tutto vede, iscritto nel triangolo degli Illuminati? Oppure i Tuatha de Danann, così come i folletti e tutti gli esseri citati, sono solo il prodotto della fantasia di scrittori del medioevo irlandese e anglosassone? Probabilmente non sapremo mai cosa celano questi magnifici paesaggi irlandesi ricchi di storia e di leggende. Forse solo il tempo e la fortuna ci potranno aiutare nello scoprire che cosa nascondono queste leggende e cosa effettivamente accadde tanto tempo fa nella terra d'Irlanda.

PASQUALE ARCIUOLO

I TUATHA DE DANNAN E LE TRIBÙ MEDITERRANE DI DAN:
NUOVI PARALLELISMI DI UN ORIGINE COSMICA

Dai verdi paesaggi irlandesi, spostiamoci alle calde sponde del Mediterraneo orientale, dove sembra che l’ombra dei Tuatha de Dannan sia più presente che mai. Si parla infatti dell’arrivo dal nulla di una misteriosa razza conosciuta come i Shardana! Quali elementi hanno in comune questi ultimi con gli invasori irlandesi? Da notare che la radice "DAN" si trova in entrambi i nomi di questi due popoli così misteriosi. Che sia la medesima civiltà, che disseminò misteriosi megalati in tutta Europa? Forse no, perché diversi megaliti sono stati eretti prima della presunta invasione dei Tuatha de Dannan.
Abbiamo detto fin dall’inzio che i Tuatha de Danann potrebbero aver usato armi belliche avanzate come quei misteriosi raggi laser denominati "shamir". Alcuni manoscritti vogliono che Mosè, Salomone e altri iniziati ebraici possedessero uno strumento analogo, capace di cose meravigliose. L’Arca dell’Alleanza e il Tempio di Salomone, nel quale era custodita, forse furono realizzati con questi strumenti? Quindi i Tuatha de Dannan, conosciuti come Shardana, si spinsero fino al Mediterraneo per iniziare alla tecnologia spaziale i capi ebrei? È possibile, visto che i personaggi biblici, è scritto nella Bibbia, fin dai primi capitoli dell'Antico Testamento, furono in contatto con esseri di altri mondi, visti come divinità e angeli. Forse "Tuatha de Dannan" è il nome di un'antica civiltà delle stelle che si contese l’Europa intera impartendo conoscenze favolose a precisi iniziati, Druidi, Ebrei, Egizi, e altri popoli (forse "Tuatha de Dannan" è solo un altro nome di quei figli cosmici che donarono il sapere agli uomini: elemento comune a più culture; basti vedere i 7 Oannes, i 7 Nommo, i 7 Sacerdoti di Sais, Quetzalcoatl, i Pelasgi e molti altri ancora, n.d.r.). La sostanza non cambia. Sta noi capire come si svolsero veramente i fatti.

PASQUALE ARCIUOLO

fonti: http://www.croponline.org/

martedì 30 settembre 2008

Ecuador: Simboli di un Mondo Scomparso


Le civiltà precolombiane conservano ancora tanti misteri. Nel fitto delle sue giungle, nei suoi sterminati spazi, nel profondo delle sue montagne, tesori e segreti aspettano ancora di essere svelati e spiegati dagli uomini. Quello che andiamo a presentare concerne un tipo di oggettistica archeologica davvero molto particolare. In parole povere, questi tesori archeologici non sarebbero che la chiave o, meglio, le porte d'accesso verso un mondo che non conosciamo, ma è probabile che sia esistito tanti tanti secoli or sono. Come disse un archeologo in un suo libro, "i reperti parlano e a volte ci possono comunicare quello che accadde".
Anche questi misteriosi reperti ci parlano di mondi scomparsi, di strane realtà, di poteri innimaginabili e di misteriosi individui. La storia inizia nel 2000, quando un certo Klaus Dona, durante la preparazione della mostra Unsolved Mysteries, ricevette la telefonata da parte di Wiener Staasoper, ex ballerino divenuto abile regista. Questi gli chiese di realizzare un documentario sul suo fratellasto: un famoso medico specializzato in neurologia e psichiatria, da tempo emigrato in Ecuador. In quella lontana terra sudamericana, l'abile dottore era diventato un esperto di sciamanesimo locale e ne esercitava, con un certo successo, l'attivita in quello stesso luogo.
Dovendo trarre fonti per realizzare documentari, l'ex ballerino gli mostrò delle foto del suo fratellastro in Ecuador e, in una di esse, vi erano misteriosi oggetti antichi che furono recuperati da un fidato amico del medico in una località molto isolata della giungla ecuadoriana, pare mentre fosse a caccia di oro. Klaus Dona, vista la particolare situazione e visto che questi oggetti sarebbero calzati a pennello nella sua mostra, decise di volare verso il SudAmerica assieme all'ex ballerino.
Giunti in quel posto, i due furono ricevuti dal noto dottore che li portò verso una località fuori città. In questa zona di periferia, furono accolti a loro volta da un imprenditore agricolo, un certo Villamar, nonché coordinatore di seminari, che gli mostrò i numerosi oggetti recuperati. Nel vedere gli oggetti, Klaus e gli altri accompagnatori rimasero stupefatti: oggetti archeologici bizzarri, dalle forme strane e decisamente sconosciute. Gli oggetti in questione vennero ritrovati in una localita molto isolata, consciuta come La Mana. A seguito dello sfruttamento aurifero del luogo da parte di ditte locali, un certo Sotomayor scoprì a 10 metri di profondità una caverna con contenitori di ceramica che racchiudevano i misteriosi oggetti. Nessuno ha mai capito come possano essere andati a finire in quella zona, ma, allacciandoci alla scoperta di oro in una fonte della stessa zona e alla traduzione di tavolette sumere che narranodi un tempo in cui gli dei cercavano l'oro nell'acqua, possiamo pensare che il luogo in questione possa essere stato visitato da esseri di altri mondi millenni or sono.
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all'analisi di questi oggetti capiamo diverse cose utili. In particolare, apprendiamo da una mappa di pietra che il nostro passato potrebbe essere stato condizionato da esseri di altri mondi che avrebbero creato un'elaborata civiltà qui sulla Terra. I reperti ci narrano di contatti transoceanici tra una popolazione e un'altra situati a diversi chilometri l'una dall altra.

Il primo oggetto che ebbero modo di visionare fu una sorprendete piramide con un occhio incastrato su un lato, al vertice. Senza dire altro è facile riconoscere in questo oggetto la chiara rappresentazione della piramide con il terzo occhio rappresentato nella comunissima banconata degli Stati Uniti. Sappiamo che il simbolo dell'occhio è citato nella Bibbia: rappresenta una società conosciuta come "la società del serpente", diffusa in oriente in tempi antichi. Con il passare del tempo, è venuta a rappresentare anche le società massoniche, illuministiche ed alchemiche. Che voglia rappresentare società di extraterrestri rettiliani stabilitisi sulla Terra, tanto potenti da creare un sapere segreto custodito nelle società occulte? Per il momento non possiamo rispondere a questa domanda.
Ma non è tutto. Villamar raccontò di aver trasportato la piramide in una stanza oscura e di aver assistito a uno strano e inspiegabile fenomeno. L'occhio sul vertice iniziò ad emanare una luce potentissima e i gradini della piramide sembrarono essere illuminati. Individuò allore, ai piedi della piramide, dei segni che rappresentavano la costellazione di Orione. Al di sopra di questi ultimi vi erano dei geroglifici, la cui traduzione era: "Il figlio del creatore è in viaggio".

Sbalorditivo quanto enigmatico. Klaus Dona fino ad oggi non ha ancora compreso cosa volesse dire quella scritta, perché era rappresentata la costellazzione di Orione ma, soprattutto, come si spiega la presenza di un oggetto tipico dell'area mediorientale nella giungla sudamericana? Ritorniamo così a proporre la teoria che vuole un possibile sbarco di Egizi nelle coste del SudAmerica. Solo così questa piramide in questo luogo del mondo potrebbe aver senso.
Il secondo oggetto era una mappa disegnata su una pietra. Trattasi di una lastra alta 60 cm, larga 40 cm e profonda 30 cm. Curiosità di questa mappa è che ritrae due misteriose isole, una nell'Atlantico e una nel Pacifico. Stranamente vi è una linea che congiunge l'Ecuador con l'antica Mesopotamia; inoltre, nei due punti da dove partono le linee sono stati fatti degli intarsi a forma di occhio. Volendoci soffermare un attimo ad analizzare la situazione, viene da chiederci l'origine di questa mappa di pietra. Potrebbe essere un falso, oppure è la diretta testimonianza della presenza di due mondi scomparsi che favorirono contatti transoceanici. Forse le tavolette di pietre sumere che narrano di Dei intenti a cercare l'oro nell'acqua potrebbero svelare l'enigma. Potrebbero essere state scritte dopo un possibile sbarco di sumeri in Ecuador?

Volendo formulare un'ipotesi, potremmo immaginare che gli antichi Sumeri, giunti in Ecuador per vie misteriose, abbiano avuto contatti con esseri extraterrestri (visti come dei) intenti a cercare l'oro. Fu forse questo l'evento immortalato sulle tavolette?
I
noltre, avrebbero compilato una mappa gegrafica del luogo raggiunto, segnandone la rotta. Forse questi dei fornirono loro alcune mappe della Terra vista dall'alto, il che facilitò la comprensione del luogo dove erano giunti.

Curioso il fatto che un geologo giapponese, un certo Kimura, abbia ritorvato nel nord del Giappone, sulle isole Ryukyu, tavolette che riportano segni e simboli che hanno affinità con i caratteri e i simboli ritrovati a La Mana. Più sorprendente ancora è il fatto che questi caratteri delle isole del Giappone sono molto simili a quelli trascritti da Churchward nel suo libro su MU. Diverse epigrafi di queste isole giapponesi ci parlano di antiche terre sommerse: viene da pensare che queste possano riferirsi realmente al continente sommerso di Mu. Ricordiamo inoltre il ritrovamento di strutture sommerse al largo di Yonaguni. Il quadro sembra essere chiaro. Il problema di fondo è stabilre l'autenticità di certe tavolette e di certe costruzioni: se mai si rivelassero vere, rivelerebbero parecchio sul nostro passato.

Proseguendo, Dona ci racconta di altri oggetti ancora più misteriosi e dal sapore decisamente ancora più inquietante, ma in qualche modo connessi con la piramide ritrovata. Infatti, tra questi vi era una pietra nera che mostrava come reggere la stessa piramide. Una seconda pietra rappresentava un individuo seduto con la piramide nelle mani. Ancora più curioso è il fatto che sopra la testa di questo individuo vi era una sorta di elmo con un antenna che si collegava a un oggetto volante luminoso, rappresentato come un occhio che vola sopra la sua testa; contemporaneamente, dai suoi occhi partono dei raggi di luce che vanno a colpire due individui inginocchiati di fronte a lui. Enigmatico il suo significato. Venne scoperto, a tal proposito, un elmo con la stessa fessura rappresentata sulla pietra! A questo punto, difficile affermare la falsità della pietra: l'elmo in questione è una prova fattibile della realtà storica degli eventi narrati su queste pietre. Qual era lo scopo di questo elmo? Forse era indossato da sacerdoti iniziati con lo scopo di ricevere poteri paranormali da parte di esseri di altri mondi?

In seguito, Dona venne attratto da una coppa che, illuminata con gli infrarossi, rivelava costellazzioni intarsiate nel fondo del bicchiere: poté riconoscere Orione, le Pleiadi e altri noti gruppi di stelle. Questa coppa era accompagnata da numerose altre simili alla prima, ma in miniatura, dodici in tutto, recanti dei simboli che, analizzati, corrisponderebbero a dei numeri Maya. Si è calcolato che unendo tutte queste dodici coppe si otterebbe il disegno delle costellazioni presente sul primo calice, quello più grande. Alcuni in queste tredici coppe vogliono vederci un'allusione a Gesù e ai dodici apostoli: che questa coppa sia una riproduzione del sacro Graal nascosto chissà dove? E se Dona si fosse trovato tra le mani il vero Graal? Nessuno lo potrà mai dire anche perchè l'iconografia del Graal è talmente confusa che non si sa più se quello che vide in Ecuador fu realmente il sacro calice.

Continuando, l'autore ci riferisce della rappresentazione di due uomini circondati da costellazzioni incisi su una base di giadeite, e della testa di un cobra caratterizzata nella parte inferiore da una decorazione fosforescente a sette punti per lato e da trentatré strisce. Sappiamo che il cobra è spesso rappresentato nelle mitologie induiste ed egizie, associato spesso all'energia Kundalini e al sistema dei 7 chakralungo e delle 33 vertebre. Ci si chiede, come mai l'iconografia del serpente sia così spesso presente presso numerose culture globali. Da Oriente ad Occidente si parla di divinità che hanno a che fare con i rettili: anche il nostro famoso occhio incastonato nella piramide si dice sia una rappresentazione primitiva di un occhio rettiliano, così come quello presente sul dollaro statunitense.

Ciò ci riporta a pensare a una possibile dominazione di una razza extraterrestre di tipo rettiliano nel passato della Terra. Essa potrebbe aver donato all'uomo di allora sbalorditive conoscenze di tipo esoterico, che poi finirono per diventare patrimonio esclusivo di alcune società segrete. Teoria rafforzata ancora di più dal racconto di Lacerta, che ci parla di come il mondo fosse dominato da un'antica razza di rettiliani, di cui lei sarebbe stata una delle ultime rappresentanti. Lacerta ci parla anche della presenza di un'altra razza di umanoidi, nordici, dall'aspetto scandinavo e barbuto! Infatti, a tal fine è stata ritrovata una roccia con un'incisione rappresentante appunto un uomo dai lunghi capelli, barbuto. Sicuramente gli Indios sudamericani non erano barbuti e quindi chi poteva rappresentare questa incisione se non esseri umanoidi di altri mondi dall'aspetto scandinavo? Tanto più che, incisa sulla stessa roccia, ma sul retro, vi era una spirale con all'interno una piramide e con un occhio verde rappresentato nella sua parte alta! Tuttavia non è ancora stata provata la veridicità del racconto di Lacerta.

I numerosi simboli di La Mana ci porterebbero a pensare alla veridicità di certi avvenimenti narrati da Lacerta, così come la presenza nel nostro passato di antichi continenti, ora scomparsi. Dona purtroppo non sa se effettivamente questi oggetti da lui ritrovati siano autentici: non ci vorrebbe molto per falsificare simili reperti.
La vicenda, ci racconta Dona, si concluse con la richiesta al legittimo proprietario degli oggetti in questione, ma dall'iniziale rifiuto, poiché dalla gente locale erano ritenuti sacri e quindi non potevano essere portati via da quel luogo, si giunse a un evento fortuito che permise allo scienziato di entrare in possesso degli stessi. Fu visionato un oggetto di forma ottogonale di colore nero recante al centro cerchi (contenuti l'uno nell'altro ) di colore diverso: vi era anche un amuleto che aveva la capacità di girare attorno a questi cerchi nel momento in cui fosse stato preso in mano da una persona. Tutti i collaboratori, ad eccezione di Dona, riuscirono nel tentativo di muovere l'oggetto. Villard parlò del fallimento del suo amico al padrone degli oggetti e questi gli comunicò con tutta tranquillità che Dona li poteva prendere per la sua mostra. Potremmo interpretare l'avvenimento come un segno del fatto che gli oggetti potessero abbandonare il luogo. Tuttavia non sappiamo se questa nostra interpretazione corrisponda a quello che effettivamente l'oggetto "voleva comunicare" con la sua forza, e neanche Dona probabilmente riuscì nell'intento di capire. I tesori della giungla dell'Ecuador sono solo un altro tassello di un mosaico antico, caratterizzato da esseri magnifici; un mondo che esistette diversi secoli or sono, cancellato dalla furia del tempo e dagli eventi. Sarà mai possibile un giorno descrivere la storia di questo mondo perduto? Molti si augurano di sì, e sono fiduciosi sullo sviluppo delle ricerche che potranno svelarci un giorno come veramente si svolsero i fatti. Solo allora, tanti eventi enigmatici potrannno essere risolti.

PASQUALE ARCIUOLO


fonti:http://www.croponline.org/

sabato 27 settembre 2008

Sedute Spiritiche


Cosa c'è dopo la morte? Questa è forse una delle domande più frequenti che ci poniamo nel corso della nostra vita. Purtroppo tuttora non esiste alcuna risposta sensata, ma possiamo fare delle piccole riflessione in base all'esperienze vissute. C'è capitato spesso di sentir parlare di sedute spiritiche, questo è un modo, per provare o meno l'esistenza di una seconda vita dopo la morte.
Per saperne di più, bisogna tornare indietro nel tempo quando due piccole bambine le sorelle Katherine e Margaret Fox insieme alla famiglia si trasferirono nel piccolo paese di Hydesville, nello stato di New York. Era gente semplice e senza pretese, che andava a vivere in una modesta casa di campagna. Una situazione fin troppo normale per poter pensare agli incredibili avvenimenti che li attendevano sul fronte del mistero. Oggi c'è una lapide, una grande lapide sulla piccola casa di Hydesville. Sulla lapide, una scritta ricorda che in quel luogo nacque lo spiritismo. In quel luogo nacque anche l'idea della medianità e quella eccentrica disciplina che, successivamente, si chiamò "ricerca psichica". I fatti cominciarono nel 1848. Inseguendo rumori strani che sembravano venire dai muri della casa, le sorelle Fox improvvisarono una specie di gioco al tavolino. Nacquero le "sedute spiritiche". Le sorelle Fox evocarono lo "spirito" di un defunto che diceva di essere stato inquilino in quella casa. Diceva pure di essere stato assassinato anni prima in quel luogo.Parecchio tempo dopo, nell'intercapedine di un muro, nella casa "maledetta" di Hydesville, si trovò veramente lo scheletro di un uomo.

Esistono vari metodi per "contattare" le anime trapassate, I fenomeni spiritici si possono catalogare in due diverse categorie: i fenomeni che si realizzano nella persona stessa del Medium o al suo contatto; ed i fenomeni che si realizzano al di fuori del Medium e senza contatti con la sua persona. due fenomeni, in ogni caso, sono legati nella loro produzione e danno origine a comunicazioni identiche, per ciò che concerne la loro supposta origine.

i primi fenomeni comprendono: i movimenti di oggetti , che avvengono al contatto con le mani, senza impulsi coscienti delle persone che partecipano alla seduta. Ed è questo il fenomeno più facile da ottenere E' sufficiente che un gruppo di 4 persone si riunisca attorno ad un tavolo leggero, le mani nude in cerchio su di un piano e rapidamente spesso alla prima seduta, il tavolo si anima, produce scricchiolii, ruota, si solleva con uno o più dei suoi piedi, esegue i movimenti che sono compatibili con la sua struttura, obbedisce agli ordini che gli si danno ecc .ecc. Esiste poi la medianità vocale, l'incorporazione e la trasfigurazione. Nella medianità vocale la comunicazione avviene attraverso la voce del medium,: timbro vocale, espressioni, idiomi conoscenze ecc. non appartengono al medium e sono invece quelli del defunto che vuol parlare attraverso gli organi del medium stesso. Durante lo svolgimento dell'esperienza, il medium è in trance e l'incorporazione e la presa di possesso, da parte dello spirito, del corpo del medium avviene senza che quest'ultimo se ne renda conto.. Il termine " trance" che ha le sue radici nel latino significa " transire" ciò passare, viene dalla lingua inglese ed è traducibile con il concetto di " estasi ed indica quello stato particolare in cui si trovano i soggetti dotati di capacità a realizzare le manifestazioni paranormali. L'entrare in trance per un medium non è semplice: sono un rapporto o contatto con una dimensione differente o, comunque, con una diversa visione della realtà. Nello stato di trance interviene nel soggetto una modificazione, talvolta parziale, ma il più delle volte completa, della personalità che risulta differente da quella originaria, personalità che può alternarsi e modificarsi nel corso di ulteriori esperienze. Talvolta questo stato lo si raggiunge attraverso una predisposizione naturale, talvolta in seguito ad una tecnica di autoipnosi, ma certamente la forma più completa è quella della concentrazione. Che cosa avvenga nella psiche del medium non è facile comprenderlo anche perché tutto ciò che compie durante " la trance" viene da lui dimenticato al suo risveglio; si ritiene comunque che sfuggendo ai legami della materia fisica, riaffiorino le capacità o le facoltà dello spirito e che queste ultime riprendano le loro possibilità di uso. Nel caso delle tavolette parlanti, o della scrittura automatica, non interviene l'esclusione dell' Io, ma soltanto una esclusione della coscienza, consentendo alla mente di ricevere quelle ispirazioni provenienti da fonti " Superiori". Che cosa avviene nello stato di " trance", quando si determina un processo di incorporazione? Questa domanda richiama l'attenzione su una fase importantissima del rapporto spiritico; infatti, l'interrogativo è se, durante lo stato di trance, il medium incorpori effettivamente l'entità dello spirito, o quest'ultimo agisca sul medium attraverso un'azione di tipo telepatico, come nel caso della trasmissione di pensiero. Credo comunque che sia sbaglia fare delle sedute spiritiche cosi per giochi, occhio perche con queste cose non si scherza.

fonti: http://www.ilparanormale.com/